Che la Quaresima fosse tempo in cui siamo invitati al silenzio, lo sapevamo. Che fosse un tempo di riflessione, di revisione di vita … lo avevamo imparato. Come pure era ormai nota la definizione di tempo di ‘deserto’ (con i tanti significati che abbiamo sempre attribuito a questa parola). Ma che diventasse, all’improvviso, un tempo di reale e rigido distanziamento sociale a questo non eravamo proprio preparati. Siamo stati colti di sorpresa, siamo stati costretti ad applicare quanto sancito da consigli, raccomandazioni e soprattutto decreti. Quasi con la forza, con l’imposizione, seppure tutti ne abbiamo subito compreso la necessità ed il valore.

Dopo la concitazione dei primi giorni di emergenza, ha fatto seguito – tra altri provvedimenti – la sospensione delle Messe con la partecipazione dei fedeli (non certo in privato) e, inevitabilmente per noi credenti, la dolorosissima privazione dell’Eucarestia. Giorno dopo giorno, mentre attoniti ascoltavamo sui social le notizie dell’evoluzione dell’epidemia, diventata presto pandemia, ci siamo resi conto che il periodo di emergenza non sarebbe stato breve e ancora oggi non è prevedibile la durata. Di certo, ha interessato l’intera Quaresima e di sicuro prenderà anche la Pasqua. Intanto, tra qualche giorno la Chiesa celebrerà la Domenica delle Palme.

Il bollettino della Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato, lo scorso 25 marzo, il Decreto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, con il quale chiarisce (molte voci si erano rincorse immaginando ed anche auspicando in alcuni casi un rinvio delle feste pasquali) che, nonostante la pandemia, “la data della Pasqua non può essere rinviata” e indica i criteri con cui celebrarla.  Nello specifico, per la Domenica delle Palme il Decreto prevede una distinzione tra la celebrazione in Cattedrale e quella nella chiesa parrocchiale. Nel primo caso chiede che venga realizzata una processione all’interno della chiesa con ramo d’ulivo o di palma. Nel caso della chiesa parrocchiale, invece, l’ingresso del Signore in Gerusalemme va commemorato in una forma più semplice. Come è noto, i fedeli in questa ricorrenza ricordiamo infatti l’ingresso caloroso, il clima di gioia e di festa riservato a Gesù al suo ingresso a Gerusalemme. E mentre ricordiamo, ci impegniamo anche noi ad accogliere Gesù nella nostra vita e lo facciamo, certamente, in un clima gioioso, testimoniando, con la processione per le strade, la nostra appartenenza a Dio, alla Chiesa, la nostra presenza operosa di cristiani che, continuando a seguire Gesù, danno il loro attivo contributo perché nel mondo regni l’amore, perché si realizzi pienamente il suo Regno.

Sicuramente abbiamo tutti in mente il ricordo vivo dei bambini, dei ragazzi, dei giovani, con in mano un ramoscello di ulivo o di palma, il canto degli adulti e le preghiere mentre dal luogo in cui si impartisce la benedizione ci si reca in chiesa per la grande celebrazione. Davvero un momento alto della vita della comunità, in cui si respira una bella fraternità, in cui si registrano presenze più numerose (dettate dal desiderio di avere un ulivo benedetto da mettere nelle case o nei luoghi di lavoro, dalla voglia di celebrare la Pasqua che è porta della Primavera e del bel tempo …). E poi, all’uscita della chiesa, la possibilità di prendere dei dolciumi pasquali preparati ad hoc, le uova di cioccolato (di diverse dimensioni), oggettini che introducono al significato ed al sapore della Pasqua.

Che sarà quest’anno di tutto questo? Tutti noi avremo la possibilità di celebrare comunque la festa, anche con valore sacramentale, grazie alle tante trasmissioni in diretta che verranno proposte, collegandoci a siti, via Skype, FB … ma, certo, non potremo contribuire in modo attivo ad intensificare, respirare e rendere più ricco il clima della festa. Ma, per la verità, c’è da chiedersi: che cosa abbiamo da festeggiare in questo momento difficile che viviamo? Il nostro primo pensiero, infatti, non può non andare a chi ha contratto il virus e a chi si prende cura dei malati, operatore sanitario o familiare che sia. Il pensiero va anche a quanti sono provati dalle restrizioni introdotte in tutte le attività, dalla scuola al lavoro e alla vita sociale ed ecclesiale, senza dimenticare gli anziani e le persone sole.

Una cosa dobbiamo però dirci: l’epidemia finirà. Non possiamo dire quando, ma finirà, e questo dipende anche dal nostro senso di responsabilità e dalla nostra disponibilità. Le prescrizioni cautelative si muovono tutte, necessariamente, in senso contrario al bisogno umano fondamentale di incontro, di scambio, di unione, di vicinanza, di prossimità, di intimità. Abbiamo bisogno gli uni degli altri, e perciò di cercarci e di incontrarci; abbiamo bisogno di accoglienza reciproca, di legami comunitari, di contatto, perché attraverso di essi sperimentiamo il contatto e viviamo emozioni e sentimenti, l’esperienza del voler bene e dell’essere voluti bene, la gioia e la forza per affrontare la vita, perfino il rapporto con noi stessi e la consapevolezza di chi siamo e di quanto valore abbiamo. Tutto questo è ora sottoposto a limitazioni e proibizioni. Abbiamo bisogno di contatto e di incontro, ma in questa Domenica delle Palme si rende necessario distanziarsi. Questa necessità deve diventare un’occasione per reimparare ad apprezzare il bene della famiglia e dello stare insieme, dell’incontro e dello scambio, dell’amicizia e degli affetti, per prepararci a coltivarlo e a viverlo meglio, a fronte di un’abitudinarietà che rischia di farcene perdere il senso e la qualità. L’attesa di una rinnovata e serena esperienza di prossimità e di effusione degli affetti intensifichi la purezza e l’apprezzamento del dono, e approfondisca l’intensità e l’apertura dei nostri sentimenti e dei nostri legami.

Una Domenica delle Palme, dunque, che è segnata dall’attesa, ma che ci introduce già, comunque, nel vivo della Pasqua. La Pasqua arriverà e sarà una gioia rinnovata, più apprezzata, esplosiva. Anche se dobbiamo rimanere a casa, anche se celebreremo la messa tramite il Web o i Social (se possibile, colleghiamoci soprattutto con le nostre parrocchie per continuare ad alimentare la dimensione di appartenenza alla nostra comunità di riferimento), domenica prossima saremo chiamati a coltivare in noi una gioia speciale, tutta interiore, una gioia che nasce dalla consapevolezza che il Risorto è comunque vicino, anche e soprattutto in questa situazione strana e difficile che viviamo.

Non dobbiamo lasciare che ci distolga il senso della mancanza (mancanza dell’Eucarestia, della comunità, della festa esteriore, dei colori, dei suoni …) dobbiamo piuttosto scavare in esso, perché dallo stordimento delle molte cose passiamo ad un rinnovato ardore del desiderio. Per una volta, viviamo il giorno delle Palme nell’intimità familiare e come opportunità di più intensa unione con Dio, chiediamo nella preghiera che questo tempo ci aiuti maggiormente a suscitare e moltiplicare vita. Accogliamone la sfida e accresciamo la fiducia. Da questo tempo e da questa prova usciremo fortificati, più maturi, più fraterni, creature nuove e, dunque, più pronti a celebrare la Pasqua che verrà.