«Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no».
Così Primo Levi, in una sua bellissima opera, riflette sulla sua esperienza di deportazione nel campo di Monowitz. Ma non occorre andare così lontano per comprendere che quella STORIA, storia anche d’ Italia, ha lasciato dei segni indelebili. Guccini ne ha fatto un capolavoro della musica italiana, Auschwitz, uscito come singolo nel settembre del 1966 dall’Equipe 84 e l’anno successivo registrato da Francesco Guccini ed inserito nella raccolta Folk beat n. 1, con il titolo La canzone del bambino nel vento (Auschwitz).
“Ad Auschwitz tante persone
ma un solo grande silenzio.
È strano non riesco ancora
a sorridere qui nel vento”.

“Io chiedo come può l’uomo uccidere un suo fratello, eppure siamo a milioni in polvere qui nel vento”. Questa è la strofa che esprime il concetto chiave, vale a dire la morte ingiusta di milioni di persone nel campo di concentramento di Auschwitz, condannate a causa della loro diversa etnia, a quei tempi non accettata e considerata inferiore. Tutti da quel momento si sono fatti questa domanda: come l’uomo è potuto arrivare a tanto? Come l’uomo ha potuto pensare di avere il diritto di privare tante persone della vita, creando una strage tale da essere ricordata da oltre mezzo secolo?
Nel Luglio del 2000 è stata ufficializzata in Italia la legge n. 221 del 2000 che istituisce la Giornata della Memoria, una commemorazione pubblica non soltanto della shoah, ma anche delle leggi razziali approvate sotto il fascismo, di tutti gli italiani, ebrei e non, che sono stati uccisi, deportati ed imprigionati, e di tutti coloro che si sono opposti alla ‘soluzione finale’ voluta dai nazisti, spesso rischiando la vita.
Questa legge prevede l’organizzazione di cerimonie, incontri ed eventi commemorativi e di riflessione, rivolti in particolare (ma non soltanto) alle scuole e ai più giovani. Lo scopo è quello di non dimenticare mai questo momento drammatico del nostro passato di italiani ed europei, affinché, come dice la stessa legge “simili eventi non possano mai più accadere”. Come queste parole indicano chiaramente, quindi, non si tratta affatto di una ‘celebrazione’, ma del dover ribadire quanto sia importante studiare ciò che è successo in passato. Eppure questa storia e questa sofferenza non sembra aver insegnato molto all’uomo di oggi che continua ad avere paura del diverso a tal punto di perseguitarlo o lasciarlo morire di stenti o in acque profonde. Non ci sono più i campi di concentramento ma ci sono, ancora oggi, luoghi etichettati come campi di prigionia o riconosciuti e citati per il numero di morti che hanno accolto, basti pensare al Mediterraneo che, dal 2013 al 30 settembre 2019, ha contato oltre 19mila migranti morti e dispersi nelle sue acque nel tentativo di raggiungere l’Europa. Dunque quest’anno, il Giorno della Memoria sia celebrato con coscienza, non sia semplice commemorazione delle vittime, ma un riconoscimento pubblico e collettivo di un fatto particolarmente grave che sotto forma e aspetti diversi continua ad essere perpetrato e si auspichi una risposta concreta alla riflessione di Guccini, che conclude il suo brano chiedendosi “quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare”.
E’ in questa ottica che in ogni struttura e servizio della Fondazione il 27 gennaio ci sarà un momento di riflessione affinché il messaggio arrivi da chi ancora oggi vive senza il riconoscimento dei propri diritti soltanto perché portatore della propria meravigliosa diversità.