“Fratelli tutti”. È l’ultimo dono di papa Francesco alla Chiesa ed al mondo. Un’esortazione e un invito a sentirci tutti fratelli e a (ri)costruire relazioni positive, virtuose, fraterne. C’è, in effetti, una mutua appartenenza tra gli uomini, sostenuta anche dal comandamento “Ama il prossimo come te stesso” (cfr. Lv 19,18). Questo amore può essere vissuto attraverso gesti concreti, ma anche con la preghiera di intercessione attraverso la quale presentiamo al Signore le situazioni difficili e le necessità dei fratelli, e chiediamo che loro abbiano parte ai doni di Dio. Pregare per gli altri è una responsabilità che dobbiamo assumerci: se vogliamo essere gli uni per gli altri dobbiamo infatti mostrare interesse, compassione, aiuto.

Così facendo costruiamo, con l’aiuto di Dio, una profonda comunione tra i suoi figli e ci possiamo davvero riconoscere figli di uno stesso Padre e fratelli tra noi. Non preoccupiamoci, dunque, solo di noi stessi e del nostro benessere, proprio perché siamo esseri in relazione, dobbiamo avere a cuore anche il benessere degli altri. Questo fonda la necessità di intercedere per gli altri.

In quanto cristiani, siamo chiamati anche ad intercedere per coloro che non sono più, per i fratelli e le sorelle che ci hanno già lasciato e che, particolarmente in questo mese, ricordiamo come defunti.

Novembre è proprio dedicato al ricordo dei nostri cari, specie coloro che sono morti di recente e la ferita non è ancora abbastanza rimarginata e ci provoca dolore e tanta nostalgia. Il pensiero va anche alle persone conosciute, con le quali abbiamo avuto rapporti di tipo professionale, amicale, quelle con cui abbiamo condiviso momenti di gioia e alcune prove, magari un buon tratto della nostra vita. Ci sono le persone che sono morte a causa della pandemia del Covid-19, e tante altre decedute per motivazioni diverse …

La solidarietà che siamo chiamati a vivere tra viventi si estende anche a coloro che non sono più tra noi, e ci fa guardare alla vita che va oltre questa terra, dando spazio nella nostra mente ad un ricordo vivo, affettuoso, illuminato dalla speranza cristiana. Noi pensiamo che i nostri cari defunti siano stati chiamati a vivere la nuova e definitiva realtà della vita dei risorti in Cristo e che ora sono riuniti nell’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, ma siamo anche consapevoli che tra la fragilità umana e la vita divina ci sono i nostri peccati, le nostre cadute, e siamo perciò coscienti che noi ed anche i nostri morti abbiamo bisogno di purificazione (vedi il Catechismo della Chiesa Cattolica art. 1030-1031).

Per questo la Chiesa ritiene giusto onorare la memoria dei defunti e raccomanda di pregare e offrire suffragi per loro perché siano pienamente assolti, siano salvi e godano della pace eterna (cfr. Lumen Gentium 50). La preghiera può essere personale, comunitaria (per esempio con la recita del santo rosario) ma può anche essere elevata con la forma più alta, quella della celebrazione della Messa. Nella celebrazione dell’Eucarestia, Gesù fa da ‘ponte’ tra noi, da questa parte, che intercediamo e i nostri cari, dall’altra parte della ‘sponda’, quella definitiva, che pure pregano ed intercedono per noi. Così, i legami continuano a rimanere, ad alimentarsi, e dureranno per sempre. La Messa è la preghiera più qualificata, l’atto di adorazione e riparazione più pieno che possiamo offrire a Dio per i nostri cari. Celebrare la messa ricordando i defunti equivale a sederci con loro alla stessa mensa per condividere ‘il pranzo di nozze dell’Agnello’, ‘il banchetto in onore del Re’. È il sangue di Cristo che lava tutti i peccati, ci purifica, ci riconcilia, ci unisce e ci prepara ad una fraternità/comunione che durerà in eterno.

La partecipazione all’Eucarestia, se vissuta dignitosamente, ci deve spingere poi a una vita cristiana impegnata nel servizio e nella solidarietà. A nulla, infatti, servirebbe la nostra preghiera, anche quella di intercessione, se non fosse sostenuta e resa autentica da gesti concreti di amore e di dedizione agli altri, specie i più poveri ed emarginati, nella consapevolezza che “la carità copre una moltitudine di peccati” (1 Pt 4,8). Non dimentichiamo che l’Eucarestia ci impegna nei confronti dei poveri e nel povero è presente lo stesso Gesù (cfr. Mt 25,31.46: “Tu l’hai fatto a me”).

Anche la nostra offerta in denaro per la celebrazione della Messa (non è un pagamento e la messa non diventa mai, perciò, la “mia” messa) è un segno della nostra concreta partecipazione, di un nostro sacrificio, diventa un gesto di solidarietà con i più poveri. L’offerta è una forma concreta di partecipazione, il segno di un amore che non esita a sacrificare un bene materiale per mantenere la relazione con le persone che ci hanno donato tanto nella loro vita. Il vero significato dell’offerta è quello di rinsaldare il nostro legame con il defunto, privandoci di un nostro bene in favore di altri, avendo a cuore le necessità della Chiesa e dei fratelli bisognosi. Non facciamo, allora, economia anche in questa sfera; preoccupiamoci, piuttosto, di affidare le offerte per la celebrazione delle messe in suffragio dei nostri cari a sacerdoti che hanno a cuore le sofferenze dei poveri, che donino la loro vita (o almeno parte di essa) alle persone bisognose e che si prendano cura di loro amorevolmente, magari coinvolgendo altre persone e la stessa comunità parrocchiale in questo impegno caritativo.

Questo mese sia per tutti noi tempo di riflessione sul senso della vita e della morte, tempo per pensare e rivedere la nostra vita, tempo per “gettare” uno sguardo oltre il visibile, per ‘stare’ più in comunione con chi abbiamo amato e ci ha amato e non è più qui, tempo per amare… i vivi e i morti.

 

Accogli le nostre preghiere per i defunti, Signore …

Noi ci presentiamo a Te con la mestizia e il dolore

per il distacco dei nostri cari, ma anche con la fede e la speranza

che il Tuo Spirito ha acceso nei nostri cuori.

Accogli le preghiere e le opere che umilmente Ti offriamo,

perché le anime dei defunti contemplino la gloria del Tuo volto …

(Dalla Liturgia dei defunti)