In questo tempo particolare che siamo chiamati a vivere, i centri diurni per disabili si trovano a dover affrontare “qualche” sfida in più rispetto a prima. All’inizio ci ha messo in dubbio, ma subito ci ha fatto attingere a quella “potenzialità” che ci abita e che, se interpellata, viene in soccorso per affrontare ciò che  sembra insormontabile. Potenzialità che mi piace definire come “fantasia” perché è colei che si presenta con innumerevoli soluzioni variopinte e che è un istinto ancestrale, insito dentro noi. È “fantasia” ancor più in un contesto dove sei chiamato ad entrare in relazione con il mondo della disabilità, nelle sue svariate forme, dove nella comunicazione sono le sfumature che fanno la differenza, dove i colori non sono tutti nitidi e sempre uguali, ma ognuno diventa il canale essenziale per entrare nella relazione con l’altro. 

Il distanziamento fisico e la mascherina, elementi della nuova sfida/barriera nel rapporto con il disabile, non hanno interrotto la relazione con l’altro, dove spesso le parole sono soltanto suono, oppure interrotte, sgrammaticate, apparentemente senza valore e invece tutte ricche, perché in esse riecheggia quel desiderio profondo di comunicare con l’altro, quel desiderio dell’altro di dirti: Io ci sono! E lo stesso dicasi per quei contatti di mani appena sfiorate, di pacche sulle spalle, segno di quell’avvicinamento tipico del disabile che ti sta dicendo ancora una volta: Io sono qui, mi senti? Ti sto toccando. Ti sto chiamando. Mi percepisci? Ascoltami …

Nel centro diurno si affinano le “antennine” della comunicazione e ogni gesto, suono o parola che sia, diventa  qualcosa che va oltre il tangibile. Quel qualcosa è significato di esserci, di sentirsi vivo, presente in un contesto dove si azzera l’età per tutti e tutti camminano insieme, valorizzando il tempo da trascorrere, respirando l’importanza di ciascuno nella propria e distinta bellezza di cui ognuno è portatore nel cammino della vita.

In questi ultimi due mesi, nel centro diurno, la comunicazione fra ospiti ed operatori, per intenderci, è maggiormente incentrata sugli sguardi che spesso sostituiscono i sorrisi nascosti dalle mascherine. Tante volte ti resta il dubbio che il tuo sguardo sia rimasto un vano tentativo di comunicazione ma poi, a capire che forse ti sbagli, eccolo, arriva un ospite, con il fisico possente e i suoi grandi occhi neri, di pochissime parole, che riesce a comprendere il tuo disagio, ti guarda con l’intensità e i suoi occhi arrivano a scaldarti il cuore e a inondarti di gioia. L’incontro di quegli occhi ora è più forte, non fugace e sfuggente, e ha trovato il suo modo per dire: sei importante per me…

Al Centro diurno, ogni giorno, nell’incontro di sguardi che scalda l’anima, facciamo tutti esperienza di quella  frase del vangelo che dice:  “fissatolo lo amò”.