Parlare di se stessi con spontaneità e con spirito ironico non è cosa da poco, infatti, potrebbe essere più “semplice” lasciarsi andare a sentimenti come commiserazione e tristezza, che si fanno forza di negatività e inadeguatezza. Certo l’ironia non è una cosa facile, significa conoscersi e amarsi alla perfezione prima di poter scherzare sulla propria persona. Per questa ragione quando è una persona con disabilità a fare autoironia, quasi risulta inaccettabile, inappropriato, quasi proibito. Certo è però che l’autoironia e l’ironia sono le giuste chiavi per rompere ogni tabù riguardo la disabilità.

Significa, perciò, essere determinati, ambiziosi, per arrivare a credere che la propria disabilità sia solo una “circostanza”, come ama definirla una grande campionessa di scherma molto conosciuta anche per il suo spirito frizzante, la ventenne Beatrice Ciò.

Per questa ragione, con gli ospiti dei due Centri diurno “Cassiodoro” e “Minozzi”, si è pensato di proporre un momento di riflessione sulla disabilità in chiave diversa, magari autoironica e comunque positiva, mettendo in risalto le sfaccettature preziose ed uniche che solo una persona con disabilità riesce a cogliere.

Cosa è per te la disabilità?

Ecco alcune delle risposte:

“Vivo la disabilità come un’onda energetica” (Gregorio);

“Essere un disabile che vive in un piccolo paese è un privilegio perché tutti ti danno una mano” (Vito);

“Essere disabile è un’opportunità perché non ho limiti” (Giovanna);

“Tutto il mondo ha delle difficoltà e dei limiti, ed è per questo che abbiamo tutti una disabilità” (Giuseppe);

“È l’occasione per aiutare gli altri” (Gabriele);

“La disabilità è come la vita, bella ed imprevedibile” (Marta);

“E’ sentirsi bene nonostante tutto” (Raffaele);

“E’ essere coccolato da tutti”;

“E’ avere il parcheggio gratuito sotto casa” (Giuseppe);

“E’ una cosa bella perché mi permette di frequentare il Centro e fare tante attività interessanti” (Noemi).

Le risposte che ci sono state date sono frutto di diverse personalità, storie di appartenenze, ma sono soprattutto il risultato di un intenso lavoro di sostegno e crescita che le loro famiglie hanno fatto in maniera spontanea ed amorevole per accompagnarli nella vita, nonostante le fatiche e le difficoltà.